Specchi…

Specchi pieni d’eco di musica intricata

l’anima vi giace in mezzo e spara in sogno

spara lontano fin oltre

è proprio così che t’immagino

corpo di pelle d’Avorio

cosce tese

una strada sfrondata che porta a foresta di notte in profumato di muschio

tra le ciglia un sole e in movimento morbido

imprime stille di luce

linee sinuose come lisce volute e nei capelli rifulge

luce di foglie dorate

indossi veli attraverso i quali il desiderio guarda e grida

il tuoi seni chiave di un sotterraneo mondo di atti d’amore

in viaggio discendente mi porti verso pianure neronotturne di gironi di fiamme

fiato caldo su labbra che non vogliono altra risposta

Un’acqua impetuosa muove un mondo che ruota attorno al tuo asse e non si placa

chiamata ad un infinito che circola in un sordo flusso in aggrappo di parola

avuta e sognata ogni notte

strascico solenne e di niente niente peso

sei sbando di idee in fila e in sfumo vortico nell’ebbrezza del selvatico dentro

in brama di colori penduli

Sii clemente ti prego con questo piccolo pianeta azzurro che si perde nei tuoi vapori zone d’ombra e non trova ancora la strada

Sono un moto di spirito in mulinelli di nuvole in crescenza nell’umido di bocca

Sono pensiero zucchero sul tuo volto leggero che chiede semplicemente di esistere in te.

Sul bordo degli occhi…

Sul bordo degli occhi dimora il fondo delle cose

piano sconosciuto assente che in disparte si ritrae

in irridescenza di cose nascoste

un bagliore fra tutti si annuncia in linee e curve il tuo volto

mi concentro meglio

sui particolari di un richiamo al corpo

e con lingua agile mossa come da vento

descrivo il tumulto della povera carne

escursione mai programmabile mai rassicurante

Apro una possibile quanto auspicata visione da fuori

mi emancipo da ciò che appare

attendo che l’ invisibile prenda forma

guarda guardami mi espongo all’incomprensibile

trituro

sminuzzo parole

ne esce un suono in direzione precisa e nell’intima propria solitudine di un ascolto

io ti chiamo

La voce è carne…

La voce è carne un’ asimmetria fra esperienza e attesa

un canto non addomesticato che si accorda via via

ai suoni di uno strumento che avverto io soltanto

l’azione si inchioda e la tua musica spinge

scuote

riempie

volteggia e percuote il tempo

lo fendi con sillabe falci

esplosione di visioni intime alchimie

complesse in abbandono di piacere mille volte

ripetuto del bisogno di un altro stare memorie

sedimentate nelle parole vibranti

in controluce ne osservo la diversa grana

il peso in sfumature di tono

le tue vocali armoniche mi parlano di te di questo luogo

non uno spazio qualunque

un espresso non significabile in rilancio senza fine

il cui senso è fuoco sottopelle

Angoli di luce

Angoli di luce trafiggono il fianco

liberano sangue e acqua

un corpo riassemblato

abissale fisicità ritrovata nella bellezza di ciò che le tue parole svelano

Moto di acque sommerse rosso acceso e corrotto su labbra gocce di suoni risuscitano terra bruciata

Mi stordisce questa geometria di linee e punti la tua voce lontana arriva arriva

E penetra spesse pareti allora nascondo il cuore lo puntello con assi perchè la parola costretta alla distanza insulta e si fa beffe di me

Il mio meglio non è il corpo nè la mente

Ma il mio non esserci

Eparo l’anima da se stessa e tutte le perdite dimenticate le traccia in curve di volo

Leggile

Leggimi ora e i miei sproloqui diverranno te

Ti guideranno in sull’ultimo battito lasciato a metà

Smodato

Copioso

Estremo

Perchè quanto mi parli sento la voce del mare

Non riconosco…

labirinto

Non riconosco

pullulano individui incongrui in ridondanti paste provinciali

balbettare full time in distribuzione di suoni vuoti simili a sentenze

designate ormai le vittime annunciate e già giustiziate

il linguaggio abdica va in vacanza

sfregi sonori disposti variamente lungo pareti di specchi tremolanti

scorci con effetto straniante in torsione infinita

di una agonia morale basta

una capriola di troppo e si cade nel dedalo perverso nel minuetto

sfolgorante di ombre nere

non ci dovrebbe esser più un fondo né un fondo

senza fondo

cerco la linea che mi riporti in superficie

la vedo distinguo un filo

ma nessun elemento va da solo la presa

non è alla mia portata

occorrono svariate densità confuse per tono in creazione di sinfonici passi verso fuori

la memoria è parziale e si fa evocativa nostalgia attrazione dell’arcaico piacere della piazza

del molteplice senza disordine

ed essere il proprio tempo fare i conti con le fratture quasi come una disfatta che può passare

 

TEORICA DELLA FAME…

Risultati immagini per URLO IN BIANCO E NERO

 

teorica della fame in abituccio stazzonato sempre

contro un dominare di servi e replicanti che abbisognano di fruste

a punire  di fuoco a purificare con calcolata mellifluità

in esili falsetti hanno costruito una reggia su fatti

 immediati da consumare digerire

soggettività in brandello delta desolato e detritico di intensità selvaggia maldicenti

in sputo di scarti e scorie

e anche se muovo da materia pesante elaboro una mia strategia

sul perimetro della palude

occorre rischiare

ho messo in bocca poco più di cinquanta parole tutte a misura della mia persona

piccola vita di un’ora di sguardo

non perdere la voce

essere lucidi fuori di sè

ingigantire

straziare

educare

stordire

sospiri trapassi e urla

e ora mi trovo a mugghiare immagini a ripetere e ripetere

e ripetere

gli stessi suoni

e di nuovo ad innamorarmi

in abbandono di misura in profumo di vino versato

in elogio alla violenza della  gen  ti  lez  za

 

 

In letargica posa…

39408

in letargica posa attendo

penso al legno e alla gente avvolta da neon e muri in tinta vecchia

nessuna parola in controluce solo fatti a buon mercato e niente che corrisponda  mai con precisione

osservo dal fondo di un cubo manciate di coratelle esibite a vista

ne cerco uno scontornato senso riconosco gli stessi fotogrammi di epoche diverse ricordare

in memorie severe distratte reticenti al massimo condiscendenti la verità

non esiste

non esiste il corpo l’anima non esiste in questo posto

mastico burro di un interrato biscotto  in scontrosa e sguaiata grazia

ogni evento è una miriade di gocce

unisco i puntini segno un cammino e mi permetto di muovermi

leggero passo verso destra no è meglio non prendere posizione

leggo fondi di caffè così per passare il tempo

il poetico esiste là dove tutto manca va cercato qui

scrivo con gomiti piantati su anonima scrivania colorata di guizzo stinto

concretezza delle pratiche amministrative alchimie complesse talora insondabili

si sa il lavoro tempra e vince l’illusione delle altezze

inspiegabile questo mio quotidiano indecifrabile anche se regolare.